Al ruolo di ambasciatore di questo viaggio nel futuro si candida il trasporto su gomma
Il termine inglese per spiegare l’intermobilità è complesso: ‘seamlessness’. Si tratta della possibilità di viaggiare “senza soluzione di continuità”, in pratica, senza ostacoli che tronchino il flusso. “Per esempio, prendo il monopattino elettrico in città, arrivo alla fermata della metro e poi prendo il bus senza i blocchi tipici di chi ha la coincidenza”. La differenza (rispetto alla intermodalità più legata al concetto di ecologia) la fara la digitaliazzione del servizio, sempre più “on demand”. Al ruolo di ambasciatore di questo viaggio nel futuro, speriamo non troppo lontano, si candida il trasporto su gomma. Come? Lo abbiamo chiesto a Carlo Berruti, Scientific Director di GPF Inspiring Research, autore della ricerca per IBE Intermobility and bus expo di IEG.
A che punto è l’intermobilità in Italia?
“Siamo migliorati molto recentemente, ma c’è ancora un margine tra la percezione attuale e il potenziale. L’81,4% degli utenti del servizio pubblico intervistati per la nostra ricerca ritiene che siamo ancora lontani. Questo non vuol dire che ci sia una situazione di grave insoddisfazione, perché abbiamo quasi la metà degli intervistati che si trova bene con l’offerta attuale. Quello che emerge con chiarezza è che tra i diversi tipi di mezzo, quello che è destinato a diventare il ‘paladino dell’intermobilità’ è quello su ruote. Due intervistati su tre ritengono infatti che l’autobus sia il mezzo ideale per affrontare la sfida della mobilità collettiva sostenibile”.
“La tecnologia costituisce uno dei desiderata più importanti. C’è una forte esigenza di nuove soluzioni”
Cosa ci manca ancora dal punto di vista tecnologico?
“La tecnologia costituisce uno dei desiderata più importanti. C’è una forte esigenza di nuove soluzioni. Quando abbiamo chiesto, nel dettaglio, di quali tipi di tecnologia ci sia più bisogno, le risposte hanno riguardato soprattutto la sicurezza, che non è mai abbastanza. Sicurezza dei mezzi, guida assistita, ecc. Anche l’aspetto informativo però è importante: in moltissimi chiedono per esempio una ‘App’ unificata che possa dare informazioni, in tempo reale, su dove siano i mezzi e su dove poter acquistare i biglietti in modo integrato. Ci sono infatti città dove i sistemi sono ancora incompatibili. È sempre più raro, ma è un problema che persiste”.
Se dovesse indicare invece un punto di forza del sistema attuale che emerge dalla ricerca?
“Proprio gli aspetti legati alla sicurezza nel duplice significato di “safety” e di “security”. Sembra un paradosso, ma non è così. Infatti, nonostante i sistemi di sicurezza oggi siano più che sufficienti, gli utenti ne vogliono ancora di più: dai migliori sistemi di frenata a un livello di confort sempre più alto nel sistema coach. Per non parlare della sicurezza sanitaria post-Covid”.
“Il 69,6% degli intervistati chiede un servizio più sostenibile”
Che posto ha la sostenibilità nelle richieste degli utenti?
“Questo è un aspetto che ci ha sorpresi molto, nella sua rilevanza. Il 69,6% degli intervistati chiede un servizio più sostenibile. Una cifra prossima al 90%, poi, risponde positivamente alla domanda se pensa o no all’ambiente quando sceglie il mezzo di trasporto”.
Qual è il mix migliore di mezzi?
“Un mix tra mezzi che deve offrire più opzioni, più soluzioni. Possiamo definirla ‘ridondanza virtuosa’ e dobbiamo applicarla anche al trasporto pubblico, nei grandi centri già esiste. Si parla infatti spesso di ‘digital divide’, ma c’è anche un ‘mobility divide” perché, mentre nei centri medi, grandi e molto grandi, esistono numerose soluzioni di trasporto, nei piccoli queste mancano quasi del tutto. La vera intermobilità è quella che consente di superare questo gap”.
“IBE ha un ruolo fondamentale, è una piattaforma di dialogo vero”
Quali sono invece le resistenze maggiori al fenomeno dell’intermobilità’?
“Alcune sono di carattere normativo. Ma esistono difficoltà industriali oggettive legate alla convergenza tra bus industry e TPL in uno scenario di incertezza sulle fonti di energia del futuro. La tecnologia è a portata di mano, ma occorre convincere l’utente che si tratti di mezzi sicuri. Occorre un’azione matura di politica industriale che dia un orizzonte certo agli investimenti e uno sforzo di comunicazione. Ed è importante anche la prevedibilità degli orari di mobilità, con sempre più corsie dedicate. Tutte innovazioni che rassicureranno sulla certezza della durata del viaggio dando corpo al cosiddetto Mobility as a Service”.
Che ruolo può avere, anche in questo senso, una fiera come IBE?
“IBE (che si terrà alla Fiera di Rimini dal 12 al 14 ottobre 2022, ndr) ha un ruolo fondamentale, lo dico con sincerità, perché eventi come questo sono occasioni di scambio rare, dove gli stakeholder di settore possono confrontarsi tra loro. Sono piattaforme di dialogo vero e costituiscono anche uno stimolo per gli espositori, e tutto il settore, a presentarsi al meglio, ad arrivare preparati. Ed è anche idealmente un punto di incontro tra domanda e offerta. Solo così è possibile costruire una vera community dove il cittadino non è più utente, ma cliente”.