Fresco di stampa, è da poco disponibile in libreria e sulle principali piattaforme online “Turismo birrario – guida per viaggiatori in fermento”: 60 itinerari “slow” per scoprire l’eccellenza dei birrifici artigianali nostrani. E assaporare il territorio sorso dopo sorso. Ne parliamo con l’ideatore del progetto editoriale e curatore Luca Grandi, fondatore di Turisti in Fermento e ideatore di Birra Nostra, il brand che da 15 anni promuovere la birra artigianale italiana di qualità, cui fa capo anche l’omonimo magazine.
Luca, perché dedicare una guida ai produttori di birre artigianali italiani?
Il mondo dei microbirrifici nel nostro Paese ha avuto un vero e proprio boom negli ultimi dieci anni. Lungo l’intera penisola, isole comprese, sono nate centinaia di realtà produttive che, per dare identità al proprio prodotto, hanno attinto all’immenso patrimonio agroalimentare italiano, innovando i procedimenti più classici. Infatti, anche in questo settore la creatività la fa da padrona, un po’ come avviene per altri più famosi “Made in Italy”. Le eccellenze brassicole artigianali sono oggi dei presidi del territorio che contribuiscono a valorizzarne le tipicità.
Per farsi conoscere, infatti, hanno aperto le loro porte agli appassionati, ai curiosi, ai viaggiatori, raccontandosi non solo attraverso i procedimenti produttivi e le ricchezze agroalimentari esaltate come ingredienti nell’aroma delle birre più particolari – dalla frutta alla verdura, dalle spezie ai cereali, fino ai fiori – ma anche le specificità artistiche, culturali, naturali dei dintorni.
Le eccellenze brassicole artigianali sono presidi del territorio che valorizzano le tipicità.
Raccogliendo queste storie d’eccellenza nei 4 volumi di Turismo birrario – guida per viaggiatori in fermento, dedicati rispettivamente a Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud e Isole, diamo voce ai microbirrifici artigianali che per qualità e originalità hanno saputo innovare un settore giovane e di nicchia, ma già rilevante. Al punto che si può parlare di turismo brassogastronomico, un fenomeno che già coinvolge migliaia di viaggiatori, cultori o semplici curiosi interessando le strategie di marketing e del territorio.
Esiste una data di nascita del turismo birrario? E come è cambiato nel tempo?
Nel 1996 in Italia erano solo sei i birrifici artigianali. Si sono moltiplicati in maniera esponenziale dal 2012 al 2015, parallelamente alle iniziative per attrarre clientela, alcune anche originali. Non solo ristorazione e musica dal vivo, con brewpub e taproom. Si va dagli info point sulle attrazioni del territorio agli open day, dalle degustazioni guidate a proposte culturali con teatro e cabaret (in Piemonte lo storico Baladin, di ispirazione circense, ha fatto scuola). Difficile fare dei nomi, perché ognuna delle realtà raccontate dalle guide è a suo modo un’eccellenza. Si spazia dalla vendita di merchandising (la padovana Crak) a servizi di lavaggio biciclette o dell’amico a quattro zampe (in Friuli la birra agricola Gjulia). È lo storytelling della birra artigianale, che rimane comunque nell’ambito di un turismo lento. Una dimensione che restituisce il mood di una degustazione in cui ci si prende il tempo per assaporare: birra, cibo, territorio, compagnia. Sono piccole risposte a un turismo di massa, per chi cerca alternative per uscire dalle mète mainstream. Piccole realtà di grande suggestione e fascino: incastonate nella natura o impegnate a portare avanti antiche tradizioni e mantenere vivi luoghi altrimenti dimenticati, come il Birrificio 4 Mori, che opera nei locali di una vecchia miniera nel cuore della Sardegna.
per qualità e originalità i microbirrifici artigianali hanno saputo innovare un settore giovane e di nicchia, ma già rilevante. Al punto che si può parlare di turismo brassogastronomico.
Che persone si incontrano in questi percorsi turistici?
Persone assolutamente normali! Il bevitore di birra tipico non è barbuto, tatuato e motociclista. La birra ha un pubblico molto trasversale e anche femminile, complice il fatto che è una bevanda poco alcolica. Una percezione positiva rafforzata dalla diffusione delle varietà analcoliche che, anche grazie alla tecnologia a disposizione, mantengono inalterato il sapore. Infatti il consumo pro capite nel nostro Paese sta crescendo: nel 2022 ha toccato i 37,8 lt (Assobirra) e sta raggiungendo il vino, fermo da tempo a 41lt per persona. Non solo la birra piace a tutti, ma in più con quella artigianale prevale ancora la variante umana: dietro una birra artigianale sai sempre chi c’è.
Quanta tecnologia c’è nella produzione della birra artigianale?
La tecnologia è molto importante e di grande supporto per un microbirrificio che di norma impiega, oltre al mastro birraio, uno o due addetti al massimo. E tutti devono sapere di chimica, fisica, agraria, tecnologia, economia, pubblicità, marketing… È un lavoro complesso e molto difficile, che va valorizzato. Le istituzioni lo stanno capendo. Pioniere è il progetto marchigiano de Le Strade Della Birra, nato su proposta della Regione Marche. A questa prima iniziativa stanno seguendo anche la Lombardia e il Veneto, sulla scia delle più affermate “vie del vino” e dell’olio.
è lo storytelling della birra artigianale: una dimensione che restituisce il mood di una degustazione in cui ci si prende il tempo per assaporare: birra, cibo, territorio, compagnia.
Guardando al futuro cosa può aiutare questo settore?
Raccontarlo è essenziale. Partendo dai territori in cui i birrifici artigianali sono inseriti, dalle fiere di settore, dai canali turistici. Con la prima guida italiana dedicata al turismo birrario di qualità noi abbiamo scelto la narrazione, ispirandoci alla letteratura di viaggio e ai grand tour. Abbiamo raccolto una sessantina di itinerari di prossimità che lasciano spazio alle suggestioni, al fascino, all’emozione.
Serve anche tanta formazione, per non lasciare soli questi piccoli imprenditori nel loro importante ruolo di presidio del territorio. Bisogna creare una cultura di settore. Lo spazio c’è, la strada è tracciata.