Senza la Riviera Romagnola, probabilmente, Claudio Coccoluto non avrebbe fatto il dj e la storia della club culture italiana non sarebbe stata la stessa. Ne è certo Pierfrancesco Pacoda, critico musicale, docente e saggista, tra i più grandi conoscitori di linguaggi e culture giovanili. Oltre che esperto di musica, di stili di vita e amico fraterno del dj scomparso il marzo scorso, Pacoda è da lungo tempo al fianco di Italian Exhibition Group nei progetti che affrontano a tutto tondo il tema dei “linguaggi futuri”. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare dell’omaggio che la Riviera renderà al grande dj il 4 luglio prossimo, con la serata “Tenera è la notte”, all’Arena Lido di Rimini, che vedrà anche la consegna del Premio Dino D’Arcangelo.
Come è nata questa iniziativa speciale dedicata a Claudio Coccoluto?
“È una serata che si lega molto alla storia della Fiera di Rimini, perché negli anni gloriosi di NightWave e dei primi Sib (le manifestazioni di grande successo negli anni 90’ e primi 2000, dedicate alle tecnologie e alle tendenze del popolo della notte, ndr), Dino D’Arcangelo, il giornalista scomparso nel 2000 a cui è dedicato il premio, è stato tra gli assoluti protagonisti. Forse è stato il primo ad occuparsi di club culture in un giornale generalista come La Repubblica, e lo ha fatto per anni su una rubrica – che si chiamava appunto “Tenera è la notte”- che usciva sull’inserto romano del quotidiano. Ogni settimana raccontava gli eventi legati al mondo del clubbing, non solo romani, ma da tutt’Italia. Io l’ho conosciuto proprio alla Fiera di Rimini e siamo diventati molto amici. Da qualche anno, con un gruppo di amici di Dino, tra i quali Ernesto Assante, suo collega, lo stesso Claudio Coccoluto, Nicoletta Magalotti, Damir Ivic, Principe Maurice, Pierluigi Pierucci e Simona Faraone, abbiamo istituito questo premio e abbiamo trovato una sponda immediata in Doc Servizi e nel Mir (Music Inside Rimini di IEG, ndr). La prima edizione del premio è stata organizzata proprio durante l’ultima edizione del Mir”.
Qual è il significato del premio?
“Ogni anno scegliamo di premiare una personalità o un locale particolarmente significativo per la storia del clubbing. Purtroppo quest’anno Claudio Coccoluto, uno dei primi coi quali ho condiviso l’idea del premio, è scomparso, per cui abbiamo deciso dedicargli questa ‘summer edition’. Il premio verrà consegnato a Gianmaria Coccoluto, uno dei due figli di Claudio, anche lui dj bravissimo, che negli ultimi anni ha condiviso col padre l’esperienza della sua etichetta, ‘The Dub’, che aveva ottenuto un grande successo negli anni 90’, per poi essere messa un po’ messa da parte, e venire poi ripresa, proprio grazie al lavoro di Gianmaria”.
Oltre al premio, quali iniziative prevede la serata?
“Alle 19, condurrò questo talk ‘Musica e Parole’, ispirato al mio libro ‘Riviera Club Culture’, con l’idea di ricostruire gli anni d’oro della Riviera attraverso alcune personalità significative, come Ricky Montanari che rappresenta il periodo della prima house, Daniele Baldelli, icona internazionale della musica afro e dj storico della Baia Imperiale, Nicoletta Magalotti – Niconote, che rappresenta il periodo del Cocoricò, e dj Lombo, che farà invece la parte più rock. Loro metteranno i dischi e io parlerò”.
Ci sarà anche l’anteprima regionale di un film, Disco Ruin…
“Sì, il giorno dopo uscirà nelle sale questo bel film coprodotto da Sky, di Lisa Bosi e Francesca Zerbetto, le due registe, che sono anche due architetti. Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, il film sta avendo un ottimo successo, racconta la storia della club culture tramite l’architettura. Alla presentazione, organizzata dall’Associazione Interno 4, abbiamo invitato tra gli altri l’assessore regionale alla cultura Mario Felicori e il sindaco del Comune di Rimini – che patrocina l’evento – Andrea Gnassi. È un bell’omaggio della Riviera al più grande dj italiano di sempre”.
Parliamo proprio di Claudio Coccoluto, può raccontarci perché, secondo lei, ha segnato così nel profondo il mondo della club culture?
“Per l’unicità. Questa era la sua caratteristica principale, era un dj eclettico, che traeva linfa da qualsiasi genere musicale, dal jazz all’avanguardia, dalla musica minimale contemporanea alla classica, dall’elettronica al rock. Claudio ha sempre dichiarato che ‘Remain in Light’ dei Talking Heads è stato il disco che gli ha cambiato la vita. Così come ha sempre dichiarato che non avrebbe fatto il dj se, molto giovane, non avesse ascoltato le cassette di Daniele Baldelli e di Mozart, che all’epoca facevano i dj alla Baia Imperiale”.
Prego, racconti…
“Siamo alla fine degli anni ’70 e i suoi genitori non gli permettevano di venire in Riviera ad ascoltarli in discoteca, quindi alcuni suoi amici registravano per lui queste audiocassette e oggi possiamo dire che senza la Riviera, Claudio Coccoluto non avrebbe fatto il dj. Anzi, lo dice lui stesso nel libro che abbiamo scritto insieme ‘Io Dj’, edito da Einaudi, dove spiega molto bene il legame affettivo, e non solo lavorativo, che lo legava alla Riviera Romagnola”.
In cosa si vede di più questo eclettismo di cui parla?
“Basta fare un esempio. Il disco che l’ha reso famoso è ‘Belo Horizonti’ del 1996, che lui ha registrato col nome di ‘The Heartists’, è una rilettura di ‘Celebration Suite’, di Airto Moreira, uno dei brani più famosi del jazz latino. Non era un dj usuale Claudio, è questo che gli ha permesso di fare mille cose diverse, come ad esempio remixare Jovanotti e i Subsonica, o fare una performance al Ravenna Festival. Aveva una mente aperta. E poi c’è l’aspetto della tecnica: è stato fino all’ultimo legato molto all’uso del giradischi, che utilizzava quasi come uno strumento musicale”.
Una caratteristica extraprofessionale invece?
“La grande umanità. Era sempre a disposizione di tutti. Mi viene in mente un episodio: eravamo insieme a Ibiza, dove suonava nella maxiroom del Pacha, e non molto tempo prima della sua scomparsa viene contattato via web da un gruppo di ragazzi che gestiva una piccola galleria d’arte in un posto minuscolo in provincia di Pescara. Lui ha preso e ci è andato”.
Cosa resta oggi della club culture nel panorama musicale?
“Oggi una miriade di ragazzi in ogni parte del mondo si è affacciata alla musica proprio attraverso il mondo dei club. La musica elettronica è diventata un fenomeno planetario e ci sono dj italiani bravissimi che hanno un enorme successo in tutto il mondo. Così come ci sono dj turchi straordinari, armeni… C’è una dj palestinese bravissima, si chiama Samà Abdulhadi, che vive a Ramallah ma gira ovunque, ci sono dj ucraine… Questo è il grande lascito: la cultura e la musica hanno attraversato le barriere geografiche e politiche”.
Questo il presente, quale sarà invece il futuro della club culture?
“Sarà dei ragazzi molto giovani e dei piccoli luoghi, non credo che torneranno le grandi ‘cattedrali’ di un tempo. Sono diventate altro, e va benissimo, sono diventate luoghi d’intrattenimento, ma la cultura del club rinascerà dai piccoli spazi, dalla cameretta e dalle feste tra amici”.