Rose Busingye

‘Trovate ogni speranza o voi ch’entrate’. Antitesi al varco dell’inferno dantesco, la scritta posta all’ingresso di una delle mostre più seguite di questo Meeting di Rimini – ‘Tu sei un valore’ – è un invito a non difendersi dal pugno allo stomaco delle storie terribili vissute dalle ‘donne di Rose’. Episodi di violenza che risalgono alla guerra civile ugandese, che in Europa a malapena conosciamo. Stupri, incesti, costrizioni all’assassinio anche di bambini, fino a episodi di cannibalismo. Cos’ha permesso a queste donne di uscire dal loro inferno? Un incontro, per vie più o meno avventurose, con questa piccola donna, oggi poco più che cinquantenne, che definire una Madre Teresa d’Uganda non è un azzardo.

L’ingresso della mostra ‘Tu sei un valore. Le donne di Rose’

“Le persone che incontriamo, di solito, sono quelle infettate dall’hiv e i loro bambini”, racconta la stessa Rose, “oppure i bambini abbandonati per strada. Noi non li lasciamo lì, non siamo indifferenti, noi usiamo tutto della realtà: dal cibo alle punture, per far capire loro che sono importanti per noi”. Oggi le donne malate di aids ospiti del Meeting Point International sono circa 2.500 e oltre 2.000 i bambini, per la maggior parte loro figli, ma anche raccolti per strada. Per vivere spaccano pietre che raccolgono in sacchi di ghiaia che vendono a 70 centesimi per canestri da 50 kg e realizzano bellissime collanine che vengono vendute soprattutto grazie ad Avsi (Associazione Volontari per il Servizio Internazionale, ndr). Ed è proprio grazie ad Avsi, ma soprattutto alla testa dura di queste donne, che nel 2010 viene posata la prima pietra della Luigi Giussani High School. “Quando hanno scoperto il loro valore, le donne mi hanno chiesto di fare una scuola dove educare i propri figli ad avere questo sguardo. Io questo non lo capivo e non avevo neppure i soldi per costruirla. Avrei preferito fare un ospedale!”. Così hanno cominciato a spaccare pietre e hanno realizzato 48mila collane e col ricavato hanno costruito la scuola. Oggi è considerata tra le prime nel Paese, “al livello di quelle dei ministri”, sottolinea con orgoglio. Abbiamo raggiunto Rose a margine di una testimonianza fatta al padiglione della Cooperazione Internazionale al Meeting.

In un video della mostra ‘Tu sei un valore’ a un certo punto lei dice che quando le ‘sue’ donne o i ragazzi del Meeting Point International le dicono dei ‘no’, lei si ‘gode’ questi ‘no’, perché vuol dire che sono liberi. Le chiedo di spiegarci meglio cosa significa.

“È proprio quando uno ti dice di no, nonostante il tuo aiuto – come quando aiutiamo la gente e ci aspettiamo che ci dicano ‘grazie Signore’ o ‘sei la mia grande salvezza’ –, proprio quando uno riesce a dirti di ‘no’ tu capisci che non l’hai portato ad essere ‘schiavo’ delle tue idee o di quello che gli dai. Che non l’hai legato a te e a tutte le cose che gli dai, ma l’hai reso libero! E io godo di questo ‘no’ perché vuol dire che finalmente non li ho fatti schiavi di quello che gli do io. Voglio che siano liberi! Che proprio quando conoscono il loro valore, la loro dignità… tutto questo non serva loro per restare attaccati alle mie idee, ma per volare, è segno che li lancio nella vita, ad affrontare tutta la vita”.

Lei accoglie donne malate di aids che tante volte, come testimonia sempre la mostra al Meeting, hanno storie terribili di violenze subite, oppure fatte da loro stesse. Non le capita di avere paura quando vengono da lei?

“No! Non ho avuto paura, perché non è che muoio se Dio non vuole. Se muoio vuol dire che Dio ha deciso questo momento. Prima dell’incontro con Dio avevo il terrore della morte, ma quando qualcuno mi ha detto che io ho un valore che supera la morte, più grande della morte, non è che dico ‘voglio morire’, ma non ho più paura di morire”.