Fabrizio Fiorani, giovane pastry chef di fama internazionale, membro dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani e del Collettivo di Cucina Dolce Italiana, è intervenuto a uno dei talk che hanno animato le ricche giornate di Sigep Exp. Il suo modo di vedere la pasticceria contemporanea.

Fabrizio, sul suo sito mi ha colpito una frase: ‘ricordiamoci di regalare momenti di felicità’. Cosa vuol dire, per un pasticcere, regalare momenti di felicità alle persone?
L’idea è molto semplice, il dolce non si mangia per fame, ma per voglia. Quindi noi che realizziamo dei dolci dobbiamo lavorare sul cuore, sull’anima, non sulla pancia. Quindi il tema della felicità è proprio qui, è nel dolce che ti cambia un po’ la giornata. A maggior ragione in questo periodo, con la felicità e la serenità che non sono dietro l’angolo…
C’è un episodio particolare che porta nel cuore? Un momento in cui è stato particolarmente contento per una sua creazione?
Mi piace guardare le facce dei miei clienti. Quando sono in Sicilia da Ciccio Sultano, guardo i clienti che mangiano i dolci, magari sono anche un po’ impacciati, perché alla prima esperienza in un ristorante gastronomico, e mi accorgo, guardando i loro occhi, che ho fatto un bel lavoro. Si vede quando qualcosa piace. Anche dopo l’assaggio ti accorgi se qualcosa funziona, oppure no.
C’è un prodotto che le ha dato particolare soddisfazione?
Sì, in Sicilia facevamo una granita al cioccolato bianco, che la gente si aspettava sapesse di qualcosa di grasso e dolce, e che invece con la nostra tecnica veniva molto leggera, con un gusto di latte. E le persone gente si stupivano, restavano a bocca aperta. Noi abbinavamo infatti i pomodorini piccoli, cotti col miele, la vaniglia e le bucce di agrumi… e il mix era fantastico!
Un aspetto che in questi anni si cura sempre di più è l’estetica. Quanto è importante per il suo lavoro?
È fondamentale l’estetica, intesa non solo in termini di bellezza o esteriorità, ma come atmosfera che accompagna un dolce e il cliente, che capisce di aver davanti qualcosa di buono anche solo con gli occhi. Poi è vero, il gusto è il mio primo obiettivo, ma è l’ultimo senso ad essere coinvolto. Mangi prima con gli occhi, poi col cucchiaio o la forchetta, quindi col tatto ti accorgi della consistenza, se è cremosa, croccante, morbida. Poi c’è l’udito, perché se c’è qualcosa di croccante lo capisci anche dal ‘crunch’ che produce. Avvicini il cucchiaio alla bocca e lo avvicini al naso, e alla fine entrano in gioco la bocca e il gusto. Ma il tuo cervello ha già capito ed elaborato quello che sta succedendo.
C’è una ricetta particolare che riserverà ai suoi clienti per la Pasqua?
Beh intanto devo dire che, al di là dei miei prodotti, io non vedo l’ora che arrivi la Pasqua per gustare la pizza salata al formaggio che si mangia a Roma! Poi ricordo con orgoglio quella volta che ci siamo inventati l’uovo di Pasqua in Giappone, per Bulgari, prendendo ispirazione da un anello. Fu un’esperienza straordinaria con il mix tra cioccolato, design e savoir fair italiano!
Anche quest’anno, in Sicilia, stiamo facendo una colomba straordinaria, con gli agrumi e una glassa di mandorle. Io sono molto tradizionalista su questo tipo di prodotti: insieme a Ciccio Sultano punto sulla ricerca di un burro eccezionale, della grande farina italiana, degli agrumi e del tempo – che è l’unico ingrediente che non si può comprare.
Che consiglio darebbe a chi, in mezzo a questa crisi, è tentato di mollare?
Non bisogna mollare: dopo ogni crisi c’è sempre un momento di forte ripresa, quindi tutti gli imprenditori del gusto devono essere pronti a questa ripresa. Vedendo quello che succede intorno, tra una zona rossa e l’altra, vedo che la gente ha voglia di mangiare bene, uscire, e acquistare uova di Pasqua e colombe. Non è adesso il momento di mollare, sempre puntando sulla qualità.