Eleonora Rizzuto Bulgari, direttore sviluppo sostenibile del Gruppo LVMH, fa parte del Comitato Scientifico di Ecomondo, ed è grande esperta di sostenibilità, in particolare nel mondo del fashion. L’abbiamo intervistata durante le fiere del green organizzate da IEG.
Quanto è importante un tema come quello della sostenibilità per un settore centrale nel Made in Italy come la moda?
“L’argomento è molto vasto, per ‘moda’ intendiamo molti comparti aziendali, dal tessile agli accessori, dalle calzature all’oggettistica, al mondo dei gioielli. Ognuno di questi coincide con un’industria che ha delle filiere e, per ciascuna di esse, la sostenibilità si declina in modi diversi. Posso fare l’esempio di convegno che ho ideato e presieduto ieri (‘Tessile come opportunità: sfide e coinvolgimento degli stakeholders del settore’, ndr) qui ad Ecomondo, sul tessile e l’applicazione delle nuove normative europee nel settore. L’obiettivo era di far parlare gli stakeholder sul riciclo e il riuso. Il settore è molto avanti, se lo paragoniamo ad altre industrie italiane o europee, ma purtroppo sconta una mancanza di visione da parte del legislatore. Occorrono attuazioni e regolamenti, per esempio per la creazione dei consorzi per il tessile, ai fini di riciclo e riutilizzo, che oggi mancano. Anche se almeno il 70% delle aziende del fashion è seriamente interessato a mettere in pratica la sostenibilità e all’interno ha dei progetti concreti, alla fine si scontra ancora con una lentezza nel mettere in piedi un arco argomentatorio.”
Ci sono esempi virtuosi a cui le aziende possono ispirarsi, secondo lei?
“Direi di sì, ci sono molte esperienze virtuose, soprattutto nella concezione delle industrie del fashion: parlo ad esempio delle certificazioni Iso 14000 per i siti industriali. Penso al Gruppo LVMH, che ha il 90% dei siti certificati, ma anche altri gruppi, come Kering e Richmond e altri marchi, non necessariamente collocabili nel lusso, ma nel fashion in generale, rappresentano modelli virtuosi con siti certificati, quindi parliamo di eccellenze. Altre buone pratiche le riscontriamo nell’eco design, nella concezione ex ante di un prodotto.”
Spesso sottolineiamo il fatto che l’Italia è al primo posto in Europa per il riciclo, è ancora così?
“L’Italia è al primo posto nel riciclo per quanto riguarda i consorzi, quindi nei mondi della plastica, del vetro, del cartone e della carta. Ma non siamo i primi per quanto riguarda la simbiosi e il riciclo pieno di queste materie prime. Sul tessile non siamo i primi, però dovremmo avere anche lì dei consorzi per ultimare la filiera, perché ad oggi mancano, stiamo aspettando una regolamentazione.”
Con quali tempi, secondo lei?
“Ci auguriamo nei primi mesi del 2023. Invece in altre filiere siamo i primi, come quelle che citavo prima, anche a livello municipale, quindi non si tratta solo dell’impresa che destina una parte del non usato, ma anche a livello locale esiste una raccolta virtuosa in tal senso.”
Qual è, a suo avviso, la condizione del sistema fieristico italiano?
“Le parla una persona che ha sempre frequentato con molta selezione le fiere, vado solo a quelle ben organizzate, come qui a Rimini o a Vicenza per Vicenzaoro. Quello che svilupperei, ancora di più, sono i luoghi adibiti agli incontri face to face per il b2b, anche sotto il lato della logistica.”