In Italia mancano 200 mila addetti ristorazione. Il grido d’allarme arriva da Luciano Sbraga, vicedirettore di FIPE – Federazione Italiana Pubblici Esercizi. Un tema affrontato nel corso dell’ultima edizione di SIGEP – The Dolce Wolce Expo, nel dibattito moderato da Sbraga e che ha visto protagonisti rappresentanti del mondo formativo, produttivo e dei servizi di reclutamento legati al comparto.
Dott. Sbraga, come si è arrivati a questa situazione?
“Il problema legato al personale addetto ai servizi di ristorazione è da imputare al periodo pandemico. Il confronto i lavoratori della ristorazione del 2022 sul dato del 2019 dice che sono 243 mila le risorse uscite dal mondo del lavoro, 50 mila i nuovi occupati. Quindi, all’incirca, mancano 200 mila addetti alla ristorazione.”
Quale può essere la leva del recupero?
“Di certo le riaperture, ma questo gran capitale umano fatto anche da lavoratori a tempo determinato non è facile da ricostituire. C’è bisogno di avere strumenti per formare le persone in un settore dove la formazione non è un lusso, ma una necessità. Il personale formato fa la differenza, così come un imprenditore formato fa la differenza.”
Dunque interventi diretti nel sistema formativo?
“Va ripensato sia dal lato degli studenti che dei formatori, perché al momento non basta o non funziona ciò che si fa. È necessario rivedere inoltre l’approccio che gli imprenditori hanno verso la formazione, servono politiche attive più solide per far incrociare domanda e offerta di lavoro anche con servizi one-to-one di alto livello, perché spesso oggi l’imprenditore è costretto a usare il fai da te.”
Una spinta che deve essere più forte dal lato del personale potenziale e o dell’imprenditore?
“Serve una politica bilanciata, perché dobbiamo fare in modo che non ci sia squilibrio tra domanda e offerta. Le imprese devono trovare ragazzi formati, che abbiano curiosità e passione, per poter alzare l’asticella. Se si gioca al ribasso si entra in una spirale viziosa che tira tutto verso il fondo.”
Come si può trasmettere passione verso i giovani?
“Questo è un settore impegnativo, che richiede un sacrificio personale in termini orari. Con i giovani bisogna giocare molto sulla parte emozionale. Serve un’azione di sistema per far percepire come questo settore non sia residuale o di rifugio, ma strategico. La prospettiva deve essere quella di un impiego importante in una filiera fondamentale per il Made in Italy, di alte competenze su prodotti alimentari e sulla trasformazione di materie prime uniche al mondo. Il cibo è parte di noi.”