È stata definita da ogni fronte come una svolta epocale, necessaria e risolutiva. Con l’approvazione unanime della Camera con 312 voti favorevoli, dallo scorso 20 settembre lo sport è uno dei valori fondanti del nostro Paese. L’attività sportiva, nella sua accezione più ampia e inclusiva, trova casa all’interno dell’articolo 33 della nostra Costituzione, che ora recita:
«La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme»
Un riconoscimento dall’impatto storico per lo sport su ogni livello e declinazione, professionistica e amatoriale, e per la cultura dell’attività fisica come viatico per la salute individuale e collettiva. Un valore condiviso da migliaia di sportivi e praticanti, uniti da quella passione per il benessere in movimento che ha il suo epicentro promozionale nella città di Rimini e nei numerosi eventi sportivi delle più diverse discipline che il territorio riminese attrae e accoglie come ad esempio RiminiWellness, evento targato IEG dedicato a sport, benessere e sana alimentazione, e RiminiWellness OFF, il fuori salone di promosso in collaborazione con il Comune di Rimini.
L’inserimento dello sport nella legge fondamentale dello Stato Italiano è stata occasione utile per discuterne con Marcel Vulpis, giornalista professionista esperto di economia e politica dello sport, fondatore dell’agenzia giornalistica Sporteconomy.it, docente universitario a contratto e contributor negli anni di diverse testate di sport ed economia. Dagli impianti e strutture all’esplosione delle nuove discipline, dalle leve di promozione al ruolo delle federazioni: un focus per approfondire il valore – reale e percepito – dello sport in Italia e di quella che a tutti gli effetti è un’industry chiave per promuovere i valori del benessere e dei sani stili di vita nel Paese, anche alla luce della svolta costituzionale.
Marcel Vulpis, lo sport entra nella Costituzione di un Paese come l’Italia che ama lo sport ma che forse non lo pratica a sufficienza. Nonostante le gesta dei nostri atleti e i successi nazionali nel biennio 2021-2022 su diverse discipline, l’OCSE ci mette al 4° posto tra i Paesi europei più sedentari tra gli adulti e addirittura l’ultimo tra i bambini.
“Il tema della promozione delle attività sportive da parte sia delle federazioni che degli enti di promozione resta importante. Per quel che riguarda i più piccoli, il problema è sotto gli occhi di tutti: non ci sono posti o strutture dove giocare liberamente. Rispetto al passato sono venuti a mancare anche quei centri di aggregazione, come gli oratori, dove sono cresciuti i campioni. I centri di aggregazione di oggi sono diventati gli spazi virtuali. Detto ciò non è vero che in Italia non si gioca: lo sport conserva ancora quel suo fascino e quello spirito nazionalpopolare che, in alcuni casi e discipline come il calcio o la boxe, rappresenta talvolta una leva per uscire dall’emarginazione sociale”
C’è anche un tema legato alla scarsa propensione a praticare discipline diverse. I dati Istat e CONI dicono che gli atleti tesserati nel calcio, tennis, pallavolo, pallacanestro e atletica leggera racchiudono oltre il 50% dei praticanti.
“Sono gli sport più strutturati da decenni, sia a livello organizzativo che di capillarità sul territorio, che godono dunque di maggiore visibilità e mediaticità. È dunque normale che i bambini, che di fatto conoscono lo sport grazie a queste discipline, siano portati a praticarle in misura esclusiva, specialmente nel loro approccio all’attività fisica. Il tema della capillarità sui territori è rilevante. Ci sono discipline, suggestive ma molto verticali e di nicchia, che non trovano spazio in molte città per assenza sia di cultura che di strutture. In sintesi, le grandi discipline regolate dalle grandi federazioni hanno costruito nei decenni vantaggi competitivi quasi irraggiungibili dagli sport emergenti e di nicchia”
In Italia il 60% degli impianti sportivi è stato costruito più di 40 anni fa. Abbiamo 131 impianti ogni 100mila abitanti, rispetto ai 250 che è la media dei paesi europei (*). Il problema è l’assenza di strutture?
“Le strutture sono un tema decisivo. Ci sono sport molto interessanti ma che non hanno spazi e impianti dove poterli praticare. Il successo popolare del calcio e del ciclismo, oltre a ragioni culturali e storiche, è la semplicità, mentre altre discipline richiedono strutture molto costose. Difficile trovare imprenditori pronti a scommettere sulla rotazione di soggetti, su quote e pagamenti per dare vita a modelli sostenibili e per diffondere pratiche diverse, a meno che non intervengano le federazioni. In questo senso il fenomeno del padel ci aiuta a capire meglio il quadro”
E qual è stata la leva di affermazione del padel?
“Il padel merita una riflessione particolare perché la sua esplosione ha goduto di una promozione esclusiva. È uno sport che come casa madre ha la FIT – Federazione Italiana Tennis, una delle più strutturate e sostenibili dal punto di vista economico, pertanto il contenitore è di un certo profilo. Proprio la FIT ha scommesso sullo sviluppo della disciplina e ha deciso di modificare la sua denominazione in FITP proprio alla luce della crescita della pratica sui territori. Quella “P” finale sta appunto per padel, una mossa che ha dato a questo sport una dignità pari a quella del tennis e che ha messo le basi per moltiplicare il numero dei praticanti all’interno della federazione”
Il padel è diventato un fenomeno social e ha goduto dell’endorsement di ex atleti di altri sport. Per quale ragione?
“Perché il padel è uno sport di aggregazione molto facile, che ha dalla sua anche la semplicità del gioco e del gesto sportivo. Con poche ore di lezione puoi iniziare a giocare, a competere e a divertirti con gli altri a qualsiasi età. In un certo senso è cugino del tennis, ma molto più semplice e accessibile e non richiede una preparazione tecnica complicata. Inoltre, è capillare sul territorio: l’esplosione di campi sportivi ovunque sostiene il boom della pratica. Torniamo sempre sullo stesso tema: hai bisogno di strutture per fare sport, altrimenti fai running o ciclismo all’aria aperta, oppure giochi a calcio al campetto o al parco”
Ora la trasformazione dello sport in diritto costituzionale dovrebbe rimuove ogni reticenza all’ammodernamento o alla costruzione di strutture sportive anche a livello scolastico. La situazione attuale è che 6 edifici su 10 non sono dotati di impianti per la pratica sportiva e quelli che abbiamo soffrono spesso di obsolescenza (*).
“Sotto la gestione pubblica gli impianti hanno subìto politiche di austerity e di contenimento dei costi pericolose. Ritengo che per decenni si sia perso il punto focale: investire nello sport, già a livello scolastico, significa investire nella logica del benessere e della salute individuale e collettiva, nella prevenzione delle malattie e nella promozione delle sane abitudini nella popolazione, con relativo impatto positivo nei costi per la sanità pubblica. Ma senza fondi per il mantenimento, la ristrutturazione e l’ammodernamento degli impianti, le palestre diventano ruderi, l’attività sportiva non può essere praticata e lo sport viene trascurato. Con esso, purtroppo, anche il suo carico di benefici e i suoi valori”
È un bel segnale che il Parlamento abbia approvato all’unanimità questo aggiornamento della Costituzione.
“Lo sport è sempre stato nel cuore di tutti i partiti, anche perché è un motore di consenso e dunque una leva elettorale. Nessuno è mai stato contro lo sport, ma c’è una gran differenza dall’essere a favore a fare qualcosa di concreto ed efficace per lo sport in tutte le sue variabili e sfaccettature. È un settore che non ha mai goduto di grandi attenzioni, a differenza di altri settori industriali che hanno beneficiato di politiche di incentivo nettamente superiori”
Eppure anche lo sport si è sempre considerato come un’industria.
“Si parla di industria dello sport, eppure non è mai stato rappresentato nelle organizzazioni industriali. Il Paese ha bisogno di un parterre di professionisti certificati che possano portare competenze a favore della crescita del sistema, dirigenti con una conoscenza approfondita del mondo sportivo, che possano dare contributi teorici ma soprattutto pratici, che abbiano vissuto lo sport e capiscano cosa vuol dire alzare la saracinesca di una federazione. Come detto, altri settori industriali si sono riammodernati e rimodulati, ma l’industria dello sport resta a carico del portafoglio dei mecenati. È necessario uscire da questa logica”
Cosa ha bloccato la crescita sistemica?
“L’immagine dello sport in Italia è spesso drogata dalla presenza, talvolta ingombrante, del mondo del calcio professionistico ai massimi livelli. Uno sport che necessita di costi elevati e sempre maggiori per le società e gli imprenditori coinvolti. Proprio a causa della dimensione di ricchezza legata a questo sport, l’opinione politica ha sempre preso le distanze dal bisogno di interventi diretti. Di fatto, si è generalizzato il problema ed è necessario superare questo limite: siccome lo sport non è solo calcio, non si può bloccare la crescita dell’intero sistema, altrimenti le conseguenze diventano serie”
Lei ha partecipato all’ultima edizione di RiminiWellness, l’evento di IEG che porta migliaia di sportivi e appassionati ad animare la fiera di Rimini e la Riviera con la passione per l’attività fisica, il benessere e la sana alimentazione. La svolta costituzionale può essere letta anche come il giusto riconoscimento alla tendenza sempre più evidente della ricerca del benessere attraverso lo sport in tutte le sue forme?
“È un cambio di passo culturale che risponde al bisogno di attenzione che arriva anche da quelle federazioni, magari non riconosciute dal CONI, che attivano eventi agonistici che attraggono l’interesse di un numero sempre più ampio di praticanti. In Italia abbiamo molti più sportivi di quanto si possa pensare e lo si vede ogni anno a Rimini: è giusto riconoscerlo e iniziare fare cose concrete per dare valore all’attività fisica e alla passione di chi, anche esplorando nuove tecniche e attività, pratica sport soltanto per il piacere di sentirsi bene adottando sani stili di vita”
(*) Osservatorio Valore Sport 2023 – The European House Ambrosetti