Renzo Tomellini

Renzo Tomellini, classe 1960, formazione da chimico poi allargata alla gestione aziendale e al diritto comunitario, una carriera nella Commissione europea che inizia nel 1995 per proseguire tra acciaio e nanotecnologie sino ad approdare al programma Horizon 2020. A Bruxelles è stato il direttore facente funzione della Direzione “Centro politico e di programmazione” preparando il primo piano strategico per l’attuazione di Horizon Europe. Più recentemente, capo dell’unità “Politica della scienza, opinioni ed etica”, occupandosi del meccanismo di opinioni scientifiche e del gruppo europeo di etica e nuove tecnologie. Dal giugno scorso è capo della Segreteria tecnica del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Nel 2021 entra nel Comitato scientifico di Ecomondo, la manifestazione di IEG dedicata all’economia circolare che dal 26 al 29 ottobre prossimi terrà la sua 24ª edizione e che avrà come fil rouge, nei panel dei convegni istituzionali, anzittutto la messa a terra del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Dottor Tomellini, cinque delle sei missioni del PNRR, si può dire dipendano da un tema più generale: la “transizione verde” legata all’ambizioso obiettivo comune europeo di fare del nostro continente il primo a neutralità climatica da qui al 2050. Quali sono le priorità strategiche del Ministero per scaricare a terra questa missione?

«Quella dei cambiamenti climatici è una sfida epocale che i governi di tutto il mondo sono chiamati ad affrontare nei prossimi decenni, per raggiungere il traguardo della decarbonizzazione fissato entro il 2050. Le priorità del Ministero per la transizione ecologica sono quelle del Governo e del Paese: affrontare la sfida e raggiungere il risultato, facendo ricorso alle risorse, competenze e professionalità che il Paese esprime. Si tratta anche di ottimizzare il coordinamento delle azioni degli apparati e le strutture dello Stato e degli Enti territoriali, dalle Regioni ai singoli Comuni, per attuare un insieme integrato di misure, di azioni e investimenti che prendono l’avvio dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza».

Con quale obiettivo?

«L’obiettivo è la transizione ecologica, ossia trasformare l’attuale modello di sviluppo economico in un modello sostenibile, basato sulla decarbonizzazione fino a zero emissioni nette di anidride carbonica nel 2050 e sulla trasformazione dell’economia ‘lineare’ in un modello circolare che non generi più esternalità negative. La Terra ha quel che ha, può sembrarci grande ma non è infinita; riceve raggi solari e poco altro dal cosmo. Dobbiamo tener conto di questa realtà e “vivere bene entro i limiti del nostro pianeta” come recita il motto del piano di azione ambientale dell’Unione europea. Dobbiamo quindi cambiare molte delle nostre abitudini per produrre, spostarci, consumare, abitare… non solo fare in maniera più efficiente, ma in maniera più efficace il che significa a volte fare le cose diversamente da come le facciamo oggi. Dobbiamo impegnarci individualmente e collettivamente, con un cambio di cultura e del modo di produrre, muoverci e consumare, includendo nuovi modelli di business e una più estesa responsabilità dei produttori».

Tra progetti già avviati e quelli che nasceranno invece nella cornice del PNRR, tra investimenti e riforme, quali sono i più urgenti obiettivi di spesa e quali aspetti del sistema Paese andranno a modificare?

«Le riforme dell’apparato burocratico, che necessita di profonde semplificazioni verso una maggiore velocità operativa e maggiore efficienza, il che nell’ambito del PNRR va proprio nel verso di rendere più efficiente e rapida la “messa a terra” dei progetti e del piano delle misure per la transizione ecologica e la ripresa. Far partire il PNRR con i primi progetti e investimenti nell’ambito di un quadro di gestione nazionale coerente, integrato e di ‘sistema’, che prenda in considerazione gli obiettivi futuri coniugandoli con l’attuale programmazione nazionale, con le strategie già in atto prima del PNRR, garantendo se necessario l’aggiustamento della traiettoria, in modo che siano evitate inefficienze, sovrapposizioni, incongruenze di sistema. Il monitoraggio passo-passo del processo, costruendo un sistema gestionale capace di controllare e ben guidare in corsa la traiettoria. Il PNRR nella sua missione dedicata alla “rivoluzione verde” e la transizione ecologica, prevede quattro componenti: (i) economia circolare e agricoltura sostenibile, (ii) energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, (iii) efficienze energetica e riqualificazione degli edifici e (iv) tutela del territorio e della risorsa idrica».

La traiettoria va controllata, certo. E anche comunicata. Svolta epocale significa anche condivisione, consapevolezza.

«Insieme a tutto questo, è necessaria inoltre l’informazione e la comunicazione, trasparente e chiara, sulle strategie, dei programmi e dei risultati, in quanto la sfida della transizione ecologica si vince se tutti sono parte del processo e soprattutto se tutti si sentono parte di esso. La transizione ecologica non può prescindere da una transizione culturale e una crescita della responsabilità».

Prima che al Ministero della Transizione Ecologica, Lei ha lavorato a Bruxelles alla Direzione generale della Ricerca e dell’Innovazione. Nella Sua opinione, cosa significa il Green Deal per il nostro Paese? Si può progettare un percorso così ambizioso senza sostenerlo con un solido sistema tecnologico e di ricerca?

«Il Rapporto sui limiti dello sviluppo commissionato dal Club di Roma fu pubblicato nel 1972; esso chiama alle coscienze la finitezza del pianeta Terra e predice le conseguenze della continua crescita secondo i paradigmi esistenti, arrivando a menzionare i rischi per la sopravvivenza dell’umanità. Il Rapporto Brundtland, che ha espresso la necessità di invertire la rotta trasformando lo sviluppo economico in uno “sviluppo economico sostenibile”, rispettoso della natura, è del 1987. È stato necessario mezzo secolo, durante il quale son aumentati consumi, inquinamento, CO2, temperatura… e risparmio qui le cifre, perché a livello sociale si affermasse la forte consapevolezza della necessità, ineluttabile, della trasformazione ecologica, da cui dipende il futuro del pianeta e delle nostre prossime generazioni. Il Green deal europeo nasce dalla necessità di attuare a livello europeo, in modo coordinato, gli interventi che ciascuno Stato membro deve realizzare. Questa trasformazione poggia sulla generazione di nuove conoscenze per mezzo della ricerca scientifica, sull’uso delle nuove conoscenze per sviluppare tecnologie e soluzioni innovative, sul know-how europeo e nazionale, sulla altissima qualità del nostro Paese e dei Centri di ricerca italiani, europei e cito come esempio il Centro Comune di Ricerca a Ispra e internazionali. Le soluzioni per una sostenibilità che sia di successo dal punto di vista ambientale, economico e sociale sono in via di sviluppo e senza ricercatori e innovatori preparati e creativi, questa transizione non sarebbe possibile».

MiTe, MIMS, MITD: competenze che si incrociano senza sovrapporsi, obiettivi che convergono. Cosa significa far parte di questa task force?

«È stato istituito un Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE), presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, in sua vece, dal Ministro della Transizione ecologica e composto dai Ministri dell’economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del lavoro e delle politiche sociali e delle politiche agricole, alimentari e forestali, al quale partecipano altresì altri Ministri in funzione delle tematiche considerate. Il CITE approverà un Piano per la transizione ecologica, al fine di coordinare le politiche A supporto del CITE è istituito un comitato tecnico. Farne parte è un onore e una grande responsabilità. Dobbiamo sviluppare un approccio alla gestione della complessità che guardi all’ambiente e all’umanità nell’ambiente, come ricorda il Ministro Cingolani. Non è pensabile una strategia di sviluppo socio-economico che dimentichi i “servizi” che ci aspettiamo dall’ecosistema, che dimentichi che le risorse naturali sono estese ma finite e spesso rinnovabili in tempi non compatibili con quelli dell’umanità. Tutela della biodiversità, minacciata dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici. Tutela del mare. Mitigazione e adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici. Sviluppo della consapevolezza dei rischi ambientali, accentuati dai cambiamenti climatici, e della fragilità e instabilità del territorio. Tutti questi sono aspetti che devono essere gestiti con un’unica visione di ‘sistema’ dai differenti Ministeri. Ricordo infine la rilevanza che il PNRR dà agli investimenti per “rivoluzione verde” e transizione ecologica e per la digitalizzazione».

Se pensiamo alla nuova architettura concettuale del Ministero e agli obiettivi, che valore ha l’appuntamento delle prossime edizioni di Ecomondo e Key Energy?

«È importantissimo avere opportunità di dialogo, ascolto e confronto tra gli addetti ai lavori e con gli addetti ai lavori. È il grande valore di poter contare su eventi di qualità e alta professionalità, aperti e inclusivi. Menzionavo prima la necessità di una visione integrata, della sostenibilità che sia ambientale, economica e sociale, del ruolo del progresso scientifico e tecnologico… è importantissimo che ci siano eventi così, dove tutte e tutti possano incontrarsi, confrontarsi e produrre nuove idee e occasioni di crescita… da scienziati e tecnici alle aziende, dai portatori di interesse alle associazioni, ai singoli cittadini e alle scuole. Questi eventi rappresentano l’occasione per fare il punto della situazione delle tecnologie emergenti, dei risultati e bisogni di ricerca e dell’evoluzione normativa. Per il Ministero è l’opportunità di essere presente, ascoltando e dialogando, comunicando le strategie del Governo, le novità organizzative, normative e portando informazione e trasparenza. Desidero ricordare il pensiero del Ministro, professor Roberto Cingolani: “Il ruolo del MITE è impostare questa transizione epocale per il paese e per l’Europa, avviando il progetto PNRR, predisponendo la necessaria struttura ministeriale per perseguire il percorso della transizione negli anni a venire, e sviluppando le necessarie competenze per poter garantire un percorso sostenibile nel tempo dove ambiente migliore, giustizia sociale, lavoro e crescita siano garantiti per tutti”».