Il mondo sta attraversando una fase di novità e incertezze che rendono difficile capire gli scenari che ci attendono da qui al prossimo futuro. Ed è proprio in queste circostanze che diventa fondamentale analizzare, capire, interpretare i segnali che arrivano dai mondi politici, economici e finanziari.
La fotografia dei mercati e della capacità di adattamento del made in Italy, scenari fondamentali per il mondo dell’imprenditoria, è riassunta dalla citazione che Paolo Magri, presidente del Comitato Scientifico dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale e docente di Relazioni Internazionali all’Università Bocconi, ha preso a prestito dal cinema felliniano per il suo intervento alla 4^ edizione del Summit del Gioiello Italiano organizzato da Italian Exhibition Group ad Arezzo.
Ha spiegato Magri con una citazione felliniana: «E la nave va. La crescita resiste, nonostante tutto. Così come il commercio internazionale. L’inflazione scende e anche il costo dell’energia. Tuttavia occorre interrogarsi sugli scenari che apre davanti a noi la rielezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti. Cosa succederà in Ucraina e in Medio Oriente? Come saranno i rapporti con la Cina e con l’Europa stessa», ha avvertito Magri. Tradotto: Trump porterà tempesta in contesti dove oggi c’è una relativa quiete o viceversa? Che il presidente americano eletto alla fine risulti un negoziatore o meno, Magri ha messo in guardia i player del distretto orafo aretino che il punto dolente è rappresentato dal significato strategico dei dazi sin qui minacciati, dal loro effetto depressivo per il PIL mondiale, e ancor più dalla crisi del sistema europeo.
Perché, ed è questa la chiave: «Compravamo gas a basso prezzo basso dalla Russia e vendevamo tutto alla Russia a prezzi alti. Si produceva a basso costo in Cina e vendevamo il lusso in Cina. Non pagavamo la sicurezza americana e vendevamo tutto ciò che si poteva agli americani. Con la crisi di questo modello, inizieranno i pellegrinaggi a Washington per dire a Trump “i dazi non a me, ma a loro”. Perché l’Europa ha 27 tavoli negoziali, non uno. E infine sconteremo la debolezza europea che deriva dalla debolezza di Germania e Francia. Una debolezza che a qualcuno potrebbe anche fare piacere visto che per anni ci hanno considerato come la pecora nera, ma che a lungo andare rischiano di rendere tutta l’Europa più debole», ha concluso il presidente del Comitato scientifico di ISPI.