Il futuro è un’ipotesi

Cosa aspettarsi dal 2025? Se ne è parlato al Summit del gioiello ad Arezzo con il contributo del professor Paolo Magri che ha tracciato un quadro degli scenari politici internazionali.

Paolo Magri, presidente del Comitato scientifico Dell'Ispi

Il mondo sta attraversando una fase di novità e incertezze che rendono difficile capire gli scenari che ci attendono da qui al prossimo futuro. Ed è proprio in queste circostanze che diventa fondamentale analizzare, capire, interpretare i segnali che arrivano dai mondi politici, economici e finanziari.

La fotografia dei mercati e della capacità di adattamento del made in Italy, scenari fondamentali per il mondo dell’imprenditoria, è riassunta dalla citazione che Paolo Magri, presidente del Comitato Scientifico dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale e docente di Relazioni Internazionali all’Università Bocconi, ha preso a prestito dal cinema felliniano per il suo intervento alla 4^ edizione del Summit del Gioiello Italiano organizzato da Italian Exhibition Group ad Arezzo.

Ha spiegato Magri con una citazione felliniana: «E la nave va. La crescita resiste, nonostante tutto. Così come il commercio internazionale. L’inflazione scende e anche il costo dell’energia. Tuttavia occorre interrogarsi sugli scenari che apre davanti a noi la rielezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti. Cosa succederà in Ucraina e in Medio Oriente? Come saranno i rapporti con la Cina e con l’Europa stessa», ha avvertito Magri. Tradotto: Trump porterà tempesta in contesti dove oggi c’è una relativa quiete o viceversa? Che il presidente americano eletto alla fine risulti un negoziatore o meno, Magri ha messo in guardia i player del distretto orafo aretino che il punto dolente è rappresentato dal significato strategico dei dazi sin qui minacciati, dal loro effetto depressivo per il PIL mondiale, e ancor più dalla crisi del sistema europeo.

Perché, ed è questa la chiave: «Compravamo gas a basso prezzo basso dalla Russia e vendevamo tutto alla Russia a prezzi alti. Si produceva a basso costo in Cina e vendevamo il lusso in Cina. Non pagavamo la sicurezza americana e vendevamo tutto ciò che si poteva agli americani. Con la crisi di questo modello, inizieranno i pellegrinaggi a Washington per dire a Trump “i dazi non a me, ma a loro”. Perché l’Europa ha 27 tavoli negoziali, non uno. E infine sconteremo la debolezza europea che deriva dalla debolezza di Germania e Francia. Una debolezza che a qualcuno potrebbe anche fare piacere visto che per anni ci hanno considerato come la pecora nera, ma che a lungo andare rischiano di rendere tutta l’Europa più debole», ha concluso il presidente del Comitato scientifico di ISPI.