Daniele Chieffi

Gli Owned Media secondo Daniele Chieffi, che è stato in Unicredit, Eni, Agi e più recentemente al Ministero dell’Innovazione digitale e tecnologica. Da questi osservatori privilegiati ha collaborato alla realizzazione e sviluppo di importanti Owned Media. La radio di Unicredit agli inizi del 2000, il blog di Eniday, il tg su youtube in occasione degli eventi sponsorizzati da Eni. Ha quindi vissuto da protagonista alcuni dei primi e più interessanti esempi di owned media delle più grandi aziende italiane.

Negli Stati Uniti per ogni giornalista ci sono 4,6 addetti alle relazioni pubbliche. Si assottigliano le redazioni ma aumentano invece i comunicatori che all’interno delle aziende e delle organizzazioni fanno sempre più ricorso alle tecniche e agli strumenti giornalistici.

Ne abbiamo già parlato qui in occasione degli owned media e per approfondire questo aspetto del cambiamento in atto nel mondo della comunicazione abbiamo fatto una chiacchierata con Daniele Chieffi, comunicatore di lungo corso che non a caso arriva dal mondo giornalistico (e si definisce ancora oggi un giornalista) ma con un curriculum di esperienze nelle più importanti aziende italiane.

«Gli owned media – spiega Chieffi – nascono con gli house organ. Nell’era pre digitale erano strumenti di comunicazione delle aziende, forme di brand journalism ante litteram. Scopo di queste pubblicazioni era quello raggiungere  un posizionamento “alto” e di pregio. Con l’avvento della rivoluzione digitale anche i siti delle aziende si trasformano spesso in magazine. Il successo di questi canali di comunicazione è presto spiegato: in un mondo che tende alla disintermediazione anche le aziende hanno bisogno di dialogare in maniera diretta con i propri clienti e stakeholder, e questi ultimi si aspettano di essere coinvolti. Per questo oggi si dedica sempre più attenzione agli owned media, che diventano mezzi di valore per l’ascolto degli stakeholder».

Non si tratta solo, quindi, di gestire bene i canali social, ma anche di alimentare e gestire in maniera professionale e il più “giornalistica” possibile i propri siti internet o blog aziendali. «Bisogna saper costruire mezzi che siano percepiti come strumenti di valore dal punto di vista delle informazioni e dei contenuti. Non solo e non tanto per le notizie di carattere aziendale, ma anche e soprattutto per il posizionamento all’interno di una industry. Il caso di IEG – sottolinea Chieffi – è sicuramente molto interessante. IEG è infatti una delle più importanti aziende espositive italiane, quindi depositaria di una conoscenza e competenza che altri non possiedono. Per questo è importante che anche la sua comunicazione attraverso i propri media (oltre a questo magazine, IEG edita VO+, TGold, TTG Italia e Koinè Magazine, ndr) non sia solo la promozione delle attività fieristiche, ma anche e soprattutto un punto informativo per il mondo fieristico. In questo modo verrà percepito come valore, diventare interessante e quindi attrarre l’attenzione di tutti i suoi stakeholder».