Zero emissioni allo scarico è la risposta che l’industria automotive dà agli impegni che l’Unione europea ha messo in forma di legge per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Tappa intermedia, ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. E poi, c’è la visione di Agenda 2030: vero spartiacque per i governi, l’industry, la società. La difesa del Pianeta passa anche attraverso una nuova idea di mobilità. Tanto che all’auto elettrica sarà dedicata una nuova sezione di Key Energy, la manifestazione dedicata alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica e alle città sostenibili di Italian Exhibition Group, dal 26 al 29 ottobre, nel quartiere fieristico di Rimini. Una accelerazione radicale, la decarbonizzazione, che ANFIA, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, accetta e che deve viaggiare di pari passo con lo sviluppo tecnologico della filiera, avverte Gianmarco Giorda, che dell’Associazione è direttore generale.
«L’elettrificazione in Europa è un percorso già intrapreso, accelerato dalla normativa. La regolamentazione europea fissa un target di una media di 95 grammi di CO2 per kilometro emessa per l’intera flotta delle nuove auto immatricolate in UE entro il 2021, con un target di riduzione del 15% da qui al 2025. E un ulteriore ribasso del 37,5% è previsto entro il 2030. Addirittura, si discute di inasprire questo target e portarlo a -50%. Sono obiettivi molto sfidanti, cui l’industria risponde con le tecnologie BEV e plug-in hybrid. Se teniamo conto che la media-obiettivo di emissioni prodotte si raggiunge fissando, per ciascun car maker, target specifici e vincolanti, poter avere in gamma un numero significativo di modelli elettrici fa sì che la media si abbassi e si raggiungano i target».
Questi target sono compatibili con la tecnologia oggi disponibile e con l’infrastrutturazione di ricarica?
«Siamo tutti committed per una spinta forte verso la decarbonizzazione, ma gli obiettivi devono essere compatibili con lo sviluppo tecnologico e altri fattori abilitanti. Anzitutto, un’adeguata infrastruttura di ricarica, che renda comodo usare l’auto elettrica. Ad oggi non abbiamo una rete adatta al suo utilizzo senza grosse preoccupazioni. Ci sono pochissime colonnine di ricarica fast o ultra fast sul totale di quelle installate e, soprattutto, poche lungo le strade ad alto scorrimento».
E poi le dinamiche di mercato.
«Sì, va considerato il market uptake, cioè l’accettazione del prodotto da parte del consumatore Sino a quando non si abbasserà per dinamiche di mercato, soprattutto per il costo delle batterie, il delta di prezzo dell’auto elettrica rispetto a quella a combustione interna è ancora significativo. Deve essere mitigato perché il cliente possa permettersi di acquistarla. Occorre quindi predisporre degli incentivi compartecipati dai costruttori. Nel PNRR avevamo proposto di inserire una misura strutturale almeno fino al 2026, sulla scorta di quanto fatto in Francia».
Una previsione realistica?
«Vediamo una grossa diffusione nei prossimi anni. Da qui al 2030 vedremo aumentare la quota nel parco circolante sia BEV che plug-in. Tra 8 o 10 anni potremmo arrivare a 6 mln di questi veicoli su strada».
Torniamo ancora sul tema ricarica. L’auto elettrica si inserisce in un contesto più ampio di approvvigionamento energetico, che a sua volta deve contribuire a obiettivi di policy europee di decarbonizzazione.
«L’auto elettrica ha emissione zero allo scarico, ma come produci l’elettricità per farla funzionare o per produrne le batterie? Di qui ai prossimi anni, si deciderà di andare in maniera più veloce verso le rinnovabili. Fotovoltaico, solare, idroelettrico: con una percentuale significativa di produzione di energia elettrica per la mobilità urbana si genera un circolo virtuoso. La decarbonizzazione implica un approccio integrato. Non solo. ANFIA guarda con grande interesse all’idrogeno per truck e autobus. Perciò, per il settore automotive Ecomondo e Key Energy sono una bella vetrina di tecnologie più a monte dell’auto, ma che fanno parte di una filiera verticale integrata indispensabile per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, ma anche per l’economia circolare. Penso al riciclo dei componenti, che vede tante aziende della nostra filiera attive in questo ambito. L’ automotive è stato uno dei primi settori ad autoregolamentarsi con direttive sull’end of life. E poi c’è il tema batterie, se ne sta parlando in queste settimane, sia per il riciclo che per lo smaltimento, prima che i volumi di auto elettriche circolanti siano maggiori».
E infine la frontiera dell’idrogeno.
«Riteniamo che sia un vettore energetico di grande interesse per la mobilità. Dall’applicazione sui camion e autobus, di là a qualche anno potrà trasferirsi sulle autovetture. Se parliamo di idrogeno verde, affrontiamo costi elevati per spaccare la molecola d’acqua. Ma l’Italia può giocare un ruolo primario: abbiamo tante competenze industriali nel gas, che possono essere trasferite nell’idrogeno con ricadute positive per il nostro sistema industriale. Il PNRR presenta risorse importanti su questo fronte».