Andrea Scanzi in fiera a Rimini, credits: Web Marketing Festival

È ormai di casa, Andrea Scanzi, giornalista televisivo, della carta stampata e molto altro, al Web Marketing Festival, che quest’anno si tiene alla Fiera di Rimini. “La prima volta ho partecipato quando c’era il lockdown. Qui ci sono una grande capacità organizzativa e tanta passione”.

Ci può anticipare i temi del suo talk di oggi?

“Interverrò sulla comunicazione al tempo della guerra. Com’è cambiato il mondo della comunicazione, innanzitutto televisiva, ma anche di carta stampata e online, con l’avvento tragico della guerra in Ucraina? Come sono cambiati i talk show? E come questo grande cambiamento sta già scemando? Ci siamo già abituati alla morte, forse?”

Andrea Scanzi: “Il mondo dell’informazione non era preparato alla guerra”

Qual è stato il cambiamento più grande secondo lei?

“Innanzitutto nelle persone invitate. Improvvisamente si è incominciato a chiamare persone che prima venivano invitate di rado. Orsini ci andava anche prima in televisione, ma solo ogni tanto, così Dario Fabbri, che è stato quasi ‘ostaggio’ di Mentana e delle sue maratone. Improvvisamente sono diventati centrali, perché? Un po’ perché siamo schizofrenici e passiamo in un attimo dal tutto al niente e viceversa. Un po’ perché i talk, tranne rari casi, come l’informazione in generale, non erano pronti a questa guerra. L’avevano prevista alcuni, come appunto Alessandro Orsini, o Lucio Caracciolo, ma gli opinionisti, compreso il sottoscritto, avevano sottostimato il problema. E questa rivoluzione ha portato a un cambiamento drastico del sistema televisivo e della comunicazione. Alcuni si sono reinventati esperti di guerra, altri, come me, hanno preferito non andare in televisione per un mese e mezzo.”

“Molti colleghi non sapevano neppure che ci fosse una guerra in Donbass”

Perché?

“Perché questi sono temi seri, che bisogna conoscere in profondità. Molti miei colleghi non sapevano nemmeno che ci fosse una guerra nel Donbass prima del 24 febbraio! Anche questo dimostra che non eravamo pronti. E purtroppo, nel mondo della comunicazione italiana, la politica internazionale è vista come qualcosa di laterale rispetto alla politica interna. È così da almeno 15 anni, fanno più audience i litigi quotidiani tra i politici.”

Secondo lei è anche il mezzo, oggi sono i social ad essere centrali, a rendere il sistema dell’informazione così impreparato?

“Senza dubbio.”

“L’antidoto è l’uomo, l’onestà intellettuale e il desiderio di informarsi”

Che antidoto ci può essere, secondo lei?

Sia che parliamo di televisione, che di social, l’antidoto è l’uomo, l’onestà intellettuale, la capacità di ricercare, il desiderio di informarsi. Se lei mi parla di social, io che sui social ci sto anche troppo, vedo che anche sulla guerra, a parte rari casi, c’è stata una conoscenza estremamente superficiale, dove alla fine si tifa Ucraina o si tifa Russia. Ma si tratta di un tema così complicato che richiede una conoscenza suppletiva, che non c’è stata. Non è tanto un problema dei social o della televisione, ma di un desiderio di conoscere a fondo le cose, che oggi non c’è più, nelle persone ma neppure nel giornalismo. La guerra non è qualcosa di manicheo, ma di complicato. L’antidoto è informarsi, comprare e leggere dei libri, andare a fondo, ma questo vale per qualsiasi cosa.”

Eventi come il Web Marketing Festival, secondo lei, possono servire in questo momento?

“Intanto possono incidere come forma di conoscenza. Un festival come questo è arrivato molto prima di altri sul tema dell’informazione, ma anche del futuro, della comunicazione, dell’intelligenza artificiale. A livello etico non lo so se servirà, anche se tendo a pensare di sì.”