Strana razza, i giornalisti… Scrivono di tutto e di tutti, ma poi vivono in un mondo tutto loro, in un microcosmo dove tutti si conoscono. Carlo Bozzo era un giornalista vero, di quelli che la professione l’aveva imparata sul campo. E che campo… I suoi lunghi anni alla guida della comunicazione di San Patrignano lo avevano forgiato a trattare con i giornalisti.
Da giornalista a giornalista.
E non erano anni semplici, di quelli che non basta una fiction a raccontarli. Potete credermi sulla parola. Non lo erano prima di tutto per Carlo, che aveva una missione da compiere proprio quando tutto sembrava volgere al peggio. Ma non lo erano neppure per i giornalisti che passavano le giornate fuori dal cancello, lassù sulla collina, facendosi domande e cercando di capire prima ancora che abbozzare delle risposte. Del resto solo gli stolti hanno delle certezze…
Carlo lo avevo conosciuto così: disponibile, gentile, ma tosto, poco propenso a cercare compromessi. Uno di quelli a cui non scuci mai una parola di più di quello che ti vogliono e ti possono dire. Ma al tempo stesso capace come pochi di tessere e tenere relazioni, come ha dimostrato nella sua attività successiva.
In quegli anni lontani avere il suo numero in agenda non era solo un bene prezioso. Era quasi un salvavita. Avevi la certezza che non ti avrebbe mai lasciato senza una notizia.
Con il tempo ci siamo conosciuti meglio, poi abbiamo coltivato una reciproca stima. Fatta di pochi contatti diretti e di molti messaggi. Del resto con Carlo, credetemi, era facile. La sua cultura puntuale e quasi infinita era pari alla sua disponibilità e alla sua ironia piena di disincanto. La sua capacità di affabulare faceva il resto. Avresti potuto passare le ore a parlare di futuro, ma anche a ricordare quegli anni oramai lontani, degli aneddoti che mai ti aveva raccontato, delle amicizie che avevano contraddistinto gran parte della sua carriera e della sua vita riminese.
Da qualche parte in una chat o su un qualche social ho ancora il suo messaggio quando qualche mese fa comunicai ai miei amici che dopo tanti anni stavo per tornare a lavorare a Rimini, e proprio per IEG, con la quale anche Carlo aveva collaborato, fra i tanti suoi incarichi post San Patrignano, prima per l’ufficio stampa del Convention Bureau e del Palacongressi di Rimini e poi per le fiere, sul fronte estero…. “Dai, sarà la volta buona che ci vediamo. Presto vengo a trovarvi, ne abbiamo di cose da raccontarci”. Non ci siamo più visti. Non abbiamo fatto in tempo, perché la vita. Beh… la vita è anche questo. Ognuno di fronte a certi drammi reagisce a modo suo.
Sulla bacheca di Carlo, nell’annuncio del suo addio a questa vita, c’erano alcune parole di J.R.R. Tolkien: il dialogo sulla morte fra Pipino e Gandalf:
– “Non credevo sarebbe finita così…”.
– “Finita? No, il viaggio non finisce qui. La morte è soltanto un’altra via, dovremo prenderla tutti. La grande cortina di pioggia di questo mondo si apre e tutto si trasforma in vetro argentato. E poi lo vedi”.
– “Cosa? Vedi cosa?”
– “Bianche sponde. E al di là di queste un verde paesaggio, sotto una lesta aurora”.
– “Beh, non è così male”.
– “No. No, non lo è”
Carlo aveva 67 anni. Era un intellettuale, una persona curiosa. Ed era un giornalista.